Naufragio a Cutro
«Il naufragio di Cutro è figlio delle politiche di chiusura delle frontiere degli stati europei le quali, inevitabilmente, alimentano tentativi disperati di aggiramento, che vanno a rafforzare i traffici criminali, ma che non possono fermare le partenze di coloro che scappano da guerre e violenze, con viaggi insicuri a rischio della propria vita – dichiara Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana –. Detti flussi vanno gestiti e regolati. Limitandosi a trincerare l’Europa, si rinuncia a una regolazione credibile, realistica e umana di tali flussi, e dunque li si espone alle tragedie di cui siamo allibiti spettatori. La Rotta Balcanica è stata blindata negli scorsi anni e i confini di diversi stati Ue vengono gestiti all’insegna dell’inumanità: la conseguenza è la partenza di imbarcazioni insicure dalle coste turche verso le coste italiane, traversate condannate, prima o poi, alla tragedia del naufragio. Giovedì 23 febbraio Caritas Italiana e diverse Caritas diocesane hanno accolto a Roma l'arrivo di 97 rifugiati afgani provenienti dal Pakistan, nell’ambito del programma “Corridoi umanitari”; 9 sono ospitati da Caritas Ambrosiana a Lecco. Sono connazionali di molti dei disperati affogati a Cutro, ne condividevano il punto di partenza: forme di regolazione dei flussi praticabili, possono esistere. Bisogna renderle politiche convinte e strutturali».
Anche Caritas Italiana attraverso le parole del suo direttore don Marco Pagniello ribadisce che "di fronte a simili tragedie, la Caritas Italiana richiama tutti alla propria responsabilità per trovare soluzioni adeguate di fronte al fenomeno globale delle migrazioni, che guardino al bene comune e non a interessi di parte. È purtroppo solo l’ultimo di tanti episodi che ci devono interrogare. Questo naufragio avviene all’indomani della conversione in legge del decreto che limita gli interventi di salvataggio in mare. Caritas Italiana ribadisce l’urgenza di una risposta strutturale e condivisa con le Istituzioni e i diversi Paesi, affinché l’Italia e l’Europa siano all’altezza delle loro tradizioni, delle loro radici e del loro umanesimo.
La questione delle migrazioni, della fuga dalla miseria e delle guerre, non può essere gestita come fosse ancora un’emergenza. Penalizzare, anziché incoraggiare, quanti operano sul campo non fa che aumentare uno squilibrio di umanità. La vita è sacra e va salvaguardata, sempre: salvare le vite resta un principio inviolabile".