Donne, minori, immigrati, occupati:
così le povertà cambiano volto
Presentato nella sede di Caritas Ambrosiana il Rapporto sulle povertà della diocesi.
Propone i dati raccolti in 140 strutture Caritas nel 2022, che hanno aiutato (direttamente o indirettamente) oltre 30 mila persone: l’area del disagio non accenna a ritrarsi, i redditi faticano sempre più a far fronte alle esigenze della quotidianità, pur in un periodo di espansione economica e occupazionale.
Povertà che si espandono, in un contesto di ripresa economica e occupazionale. La quale, evidentemente, è per molti, ma non per tutti. L’Osservatorio delle povertà e delle risorse di Caritas Ambrosiana ha redatto la nuova edizione del
Rapporto sulle povertà nella diocesi ambrosiana, lavorando sui dati raccolti, nel
2022, a proposito di
14.619 persone (
+5,1% rispetto al 2021), aiutate da
137 centri d’ascolto territoriali (12.266 utenti) e
3 servizi diocesani (2.353 utenti), sparsi nell’area metropolitana di Milano e nelle province di Varese, Como (in parte), Monza-Brianza e Lecco.
Il
Rapporto è stato presentato in mattinata nel corso di una conferenza stampa svoltasi nella sede di Caritas Ambrosiana; propone
dati e infografiche che declinano in chiave ambrosiana le informazioni pubblicate martedì, su scala nazionale, da Caritas Italiana, e anticipano alcuni approfondimenti tematici, che saranno presentati in autunno. Nel corso della mattinata sono stati presentati anche i dati salienti del
Bilancio sociale Caritas 2022.
Tornando al
Rapporto povertà, il robusto campione delle quasi 15 mila persone oggetto della rilevazione (che non esaurisce l’universo degli individui ascoltati e aiutati, in diocesi, dalla rete Caritas, la quale nei territori ambrosiani opera tramite 397 centri d’ascolto) è caratterizzato da una prevalente e crescente presenza di
donne (
61,4%, +14,5% rispetto al 2021) e di
immigrati (
60,9%, +12,7% rispetto al 2021, soprattutto a causa del forte afflusso di profughi ucraini).
La situazione occupazionale vede ancora prevalere le persone
disoccupate (
51,8% del totale degli aiutati), ma in ulteriore forte espansione appare il segmento degli
occupati (
23,3%, valore aumentato del
58,2% negli ultimi 7 anni). Ciò spiega perché sempre meno chi accede a un centro d’ascolto chieda un lavoro, e sempre più spesso segnali
problemi di reddito (
69,3% degli utenti, il dato più alto mai registrato in diocesi da quando le rilevazioni sono sistematizzate): tale condizione caratterizza il
71,8% degli
utenti italiani (erano il 63,2% nel 2019) e addirittura il
77,5% delle
persone occupate che accedono ai centri d’ascolto e ai servizi. I
bisogni di reddito sono diffusi, e relativi a ordinarie esigenze di vita e sostentamento (non a costose emergenze improvvise): è la situazione sperimentata da ben
3 su 4 occupati part time e di
quasi 2 su 3 occupati full time che si rivolgono ai centri e servizi Caritas. Tra gli occupati del campione che accusano insufficienze reddituali, le professioni più frequenti sono lavori domestici (
25%) e assistenza agli anziani (
23%).
Le conseguenze delle diffuse carenze reddituali sono facilmente immaginabili. Gli operatori e i volontari Caritas sempre più spesso si sentono rivolgere dagli utenti una
richiesta (tipicamente emergenziale)
di beni materiali e servizi, che sopravanza ormai nettamente ogni altro tipo di richiesta (lavoro, casa, orientamento ai servizi, assistenza legale, supporto a percorsi di inclusione): essa è espressa dal
49,2% degli utenti, con un incremento del
31% rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemico (nonché anno rispetto al quale sono aumentate del
20,1% le sole richieste di beni alimentari).
Alcune significative considerazioni sono infine riservate dalle 67 pagine del
Rapporto alla
composizione del nucleo familiare degli utenti di centri d’ascolto e servizi, e in particolare alle implicazioni tra dinamiche di povertà e presenza di minori. Intanto, il documento precisa che 6.384 delle 14.619 persone aiutate hanno dichiarato di avere
familiari, situazione che di fatto estende l’area dell’aiuto, diretto e indiretto, espresso dai 137 centri di ascolto e dai tre servizi Caritas a
30.671 persone. Tra i nuclei con familiari, 3.509 hanno dichiarato di avere figli minorenni: nelle famiglie aiutate da Caritas vivono dunque
6.584 minori (di cui il
33% in età pre-scolare). Il
76,5% dei nuclei con minori sono di origine immigrata, il
23,5% italiani;
1 su 4 è monoparentale, e quando c’è un solo genitore esso è quasi sempre donna (
92,5% dei casi).
Che la presenza di minori rischi di peggiorare le condizioni di vita della famiglia lo dimostra il fatto che l’
87,1% dei nuclei con minori che si rivolgono a Caritas ha problemi di reddito (e nel
70,6% di questi casi si tratta di problemi di reddito che impediscono di far fronte tranquillamente alle normali esigenze della quotidianità). Inoltre il
18,2% dei nuclei con minori ha problemi abitativi (residenze provvisorie, coabitazione, case precarie e poco funzionali…). Tutto converge nel far ritenere la presenza di figli piccoli o adolescenti un
fattore di infragilimento di fronte al rischio di povertà: e d’altro canto, ciò inasprisce la tendenza alla
trasmissione intergenerazionale della povertà, che tante ricerche – anche di fonte Caritas – stanno segnalando negli ultimi anni.
«
L’impoverimento generale; l’aumento di immigrati tra le persone che chiedono aiuto; la “femminilizzazione” della platea degli ascoltati e aiutati; la conferma e anzi l’ampliamento della presenza, tra chi non ce la fa, di persone che lavorano; le difficoltà delle famiglie con figli minori: sono traiettorie di evoluzione dell’area di povertà che occorre tenere monitorate– ha osservato
Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, commentando le risultanze del
Rapporto ’22 –
. Ma in generale sono tutte spie di un disagio diffuso, reso più grave dalla pandemia, soprattutto tra chi viveva già in condizioni di vulnerabilità. Tale processo sta esacerbando la distanza tra chi può e chi no, e si incunea tra le generazioni, sino ad approfondire il solco tra i minori nati in contesti di deprivazione economica e i loro coetanei che vivono in contesti in grado di offrire maggiori opportunità. Bisogna sapere che compromettere il futuro delle nuove generazioni significa avvelenare il futuro della comunità intera. Così come bisogna preoccuparsi della ormai notevole e crescente presenza, tra i poveri, di tante persone occupate, alcune con contratti regolari, altre precarie, altre sottopagate. Da queste evidenze e queste consapevolezze bisogna partire, se si vuole veramente combattere la povertà, evidenziando anzitutto la necessità di serie politiche di superamento del precariato lavorativo e di definizione di accettabili minimi salariali. E ricordando intanto che uno strumento come il reddito di cittadinanza, senz’altro perfettibile, non va indebolito nella sua struttura universalistica, né depotenziato finanziariamente, se non vogliamo che la lotta alla povertà rimanga uno slogan».
Richiedi gratuitamente il PDF del volume: "La povertà nella diocesi ambrosiana - Dati 2022"
Richiedi gratuitamente il PDF del volume: "Bilancio Sociale Caritas Ambrosiana - 2022"