Cinquant’anni al servizio e al fianco dei poveri ci hanno insegnato tante cose.
Anzitutto, che la povertà è condizione umana che va salvaguardata dalla tentazione, sempre strisciante, di colpevolizzare chi la subisce. In secondo luogo, che si tratta di fenomeno complesso e multidimensionale: la spia di mutamenti sociali ed economici intrecciati, che tendono a lasciare qualcuno da parte.
A produrre “scarti umani”, direbbe Papa Francesco: inclinazione che, per essere combattuta, va osservata, monitorata, studiata quanto alle cause.
L’Osservatorio sulle povertà e le risorse di Caritas Ambrosiana raccoglie da 24 anni in un Rapporto sulle povertà nella diocesi i dati prodotti da centinaia di centri d’ascolto e da tre servizi diocesani. Questi sportelli nel 2023 hanno aiutato più di 17 mila persone: l’edizione del Rapporto presentata lo scorso 16 ottobre, vigilia della Giornata mondiale di lotta alla povertà, contiene preoccupanti conferme e nuove indicazioni, da tener d’occhio in chiave futura.
Anzitutto, si sgonfia il numero di chi soffre per assenza di lavoro, mentre aumentano coloro che segnalano carenze di reddito: i disoccupati sono sempre meno, i “lavoratori poveri” sempre di più.
O meglio, sono sempre più intensamente poveri. Cioè sempre più lontani dalla disponibilità di risorse economiche sufficienti per una dignitosa qualità di vita: esito drammatico delle disuguaglianze che caratterizzano le società avanzate, spazio fertile per risentimenti, paure, astensionismi, qualunquismi, apatie, e le svariate forme di sfiducia che, ai nostri giorni, si registrano nei confronti di tutto ciò che sa di istituzione, ma anche di partecipazione e condivisione.
In secondo luogo, ostinata si conferma la tendenza che inchioda le famiglie con figli minori a una maggior probabilità di cadere in povertà. E poi ci sono i problemi riguardanti la vasta platea dei migranti.
Anzitutto, il loro ricorso ai centri d’ascolto si riavvicina alle proporzioni (rapporto “classico” con gli italiani, 7:3) degli anni prepandemici: chi dispone di minori reti sociali, minori capacità di orientarsi tra le burocrazie, minori diritti riconosciuti dalle leggi, in generale di minori opportunità, tende a rimanere più stabilmente povero. In secondo luogo – dato eminentemente “ambrosiano” – si registra una forte impennata di accessi da parte dei membri di specifiche nazionalità (in particolare i peruviani). A far da detonatore, in questo caso, sono le contraddizioni delle norme che regolano il diritto d’asilo e gli ingressi in Italia: norme che, mantenendo rigidi e ristretti i canali d’accesso legittimi, finiscono per espandere l’area dell’irregolarità giuridica e della precarietà sociale ed esistenziale.
Infine, alcuni dati indicano che l’acquisizione della cittadinanza italiana non è di per sé decisiva nell’affrancare da “carriere” di povertà: chi era in situazione di disagio prima di divenire cittadino italiano, rischia con forte probabilità di rimanervi impigliato anche dopo. Sono sacrosante le battaglie per ottenere migliori leggi sull’acquisizione della cittadinanza, ma essa, affinché sia piena ed effettiva, deve corrispondere al compimento di percorsi di formazione e inclusione, sui quali occorre scommettere e investire seriamente.
Cinquant’anni di lavoro per e con i poveri tengono desta, in definitiva, la capacità di Caritas Ambrosiana di osservare le relazioni umane, le dinamiche comunitarie e i contesti territoriali da un’angolatura non convenzionale, non rassegnata, non acquiescente a logiche di mero profitto, di discriminazione, di sopraffazione.
È un lavoro certosino, silenzioso, persino faticoso, che depura dalle ideologie, dal cinismo, dall’insensibilità. E regala minime, ma tenaci gemme di umanità. E persino di speranza, in un tempo che non va consegnato alla cupa indifferenza.
Luciano Gualzetti
Direttore Caritas Ambrosiana
Leggi tutto l'inserto Farsi Prossimo sul Segno di Novembre 2024