La rappresentazione è sempre più una variabile indipendente dalla realtà. In queste settimane lo scontro nel Paese e in Europa sui migranti è stato un caso emblematico. Nei giorni scorsi, intervenendo a una seduta dell’Europarlamento, Guy Verhofstadt, ex premier belga ha sottolineato che «non è in corso una crisi migratoria, ma una crisi politica che sfrutta i migranti» e ha ribadito che gli ingressi sono crollati rispetto al 2015 e che quelli diretti verso l’Europa rappresentano appena lo 0,07% di tutti i flussi migratori che esistono nel mondo.
Perché tanto clamore allora?
Uno studio di Harvard condotto da Alberto Alesina, Armando Miano e Stefanie Stantcheva ha “misurato” la differenza tra quanto viene percepito e quanto invece è reale la presenza degli stranieri e la loro composizione in diverse nazioni.
I risultati per l’Italia sono eclatanti.
Gli italiani ritengono che gli immigrati siano il 25% dei residenti, mentre in realtà sono intorno al 10%; pensano che quasi la metà siano musulmani, mentre i seguaci dell’Islam superano di poco il 30%; che poco più del 5% provengono dall’Est Europa mentre coloro che arrivano da quei Paesi, alcuni dei quali membri della Ue, sono quasi il 15%. Quando parliamo dei migranti, nel dibattito pubblico, non ragioniamo su quello che accade ma su quello che temiamo succeda.
Non c’è nessuna invasione in corso. Semplicemente, siamo terrorizzati dall’idea che possa succedere. Gli psicologi definirebbero paranoico questo modo di ragionare, basato sulla paura. Purtroppo i più esposti sono i soggetti socialmente più deboli che vivono in quartieri dove la percentuale di immigrati è più alta della media, i problemi di convivenza sono più urgenti, il disagio è più radicato. Quando qualcuno dice loro che i migranti sono la causa di tutti i loro guai è difficile non credergli.
Non è infatti un caso che tra i venti punti di azione pastorale per i migrati e i rifugiati Papa Francesco abbia posto l’accento proprio sulla divaricazione tra i dati e il racconto, sollecitando i vescovi e chi ha la responsabilità di guidare le comunità «a promuovere una narrativa positiva sulla solidarietà verso migranti, richiedenti asilo e rifugiati attraverso il finanziamento di attività di scambio interculturale, la documentazione e diffusione delle buone pratiche relative all’integrazione di migranti e rifugiati».
Caritas Ambrosiana ha cercato di dare un segnale, sollecitando volontari, sostenitori, cittadini comuni a raccontare i tanti incontri reali che fanno con persone provenienti da altri Paesi. Per rendere visibile quello che realmente accade nei nostri quartieri, a scuola, negli oratori, dove lo scambio tra culture già avviene, abbiamo pensato di affidarci proprio alla rete.
Ecco il motivo per cui abbiamo creato il social contest Scendi dalla pianta, giocando sul doppio senso dello slogan: un riferimento al valore della mobilità umana nella storia evolutiva della nostra specie, ma anche un richiamo all’espressione popolare che per i lombardi significa: “svegliati”, “non abboccare all’amo”. Per partecipare basta condividere sui propri profili social una foto e un breve testo e caricarli on line sul sito www.share.caritasambrosiana.it. Come in ogni concorso, c’è un premio in palio: un viaggio culturale in Kenya. Ma crediamo che la gratificazione maggiore possa essere quella di contribuire ad invertire il racconto prevalente sulle migrazioni contribuendo a cambiarne la percezione. Ognuno di noi può fare la sua parte.
Luciano Gualzetti
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