Le parole dell'Arcivescovo Delpini ai volontari Caritas
«La speranza cristiana non è una pacca sulla spalla. Ma è la risposta alla promessa di Dio. Vorrei allora incoraggiarvi a essere uomini e donne che non si lasciano rubare la speranza» Lo ha detto oggi, l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, a 700 volontari e operatori di Caritas Ambrosiana, intervenuti al convegno annuale, che quest’anno cade alla vigilia della Prima Giornata Mondiale dei Poveri, indetta da Papa Francesco e celebrata nella Diocesi di Milano in anticipo perché non si sovrapponga all’Avvento ambrosiano.
«Speranza è una parola impegnativa e difficile ma oggi circondata dallo stesso atteggiamento scettico e sprezzate con cui gli Ateniesi accolsero l’apostolo Paolo quando parlò loro di risurrezione – ha spiegato l’Arcivescovo -. Poiché parlare della risurrezione costringe a parlare delle morte, allora è meglio tacere per non incrociare l’enigma della morte. Così la speranza è diventata irrilevante e tra persone civili è stata ridotta in aspettativa. Ma mentre l’aspettativa è costruita su quello che è calcolabile, scientificamente programmabile; la speranza cristiana si fonda sulla fiducia nella promessa di Dio di renderci felici, un premio escatologico che non è un alibi per non impegnarsi nella storia, ma al contrario la ragione che aiuta il cristiano a vivere il suo tempo».
Riferendosi ai tanti operatori della Caritas impegnati nei quartieri e nelle parrocchie, l’Arcivescovo ha messo in guardia i volontari dal trarre gratificazione per il bene che fanno «dall’inclinazione all’operosità tipica dei lombardi», o da «una reazione emotiva di fronte ai mali del mondo», ma a radicare il proprio impegno «nella compassione di Dio».
Concludendo il suo intervento l’Arcivescovo a invitato a frequentare quelle che ha definito le «cinque vergini sagge», sorelle della speranza: «la fiducia» nella parola del Signore, «il timore di Dio che nasce dalla consapevolezza di dover render conto di come si è impiegato il proprio tempo», «la preghiera, una signora che oggi è stata mandata a fare la spesa, ma che dobbiamo far ritornare nelle nostre case», «la liberà» dalla paura delle morte, «la gioia» di vivere in comunione con i santi.
Speranza è stato il leitmotiv anche degli interventi dei relatori invitati a parlare all’incontro.
«Alla luce della mobilitazione che c’è stata nelle parrocchie per l’accoglienza dei profughi seguito all’appello di Papa Francesco ci siamo accorti di come le nostre comunità cristiane risentissero di una rappresentazione distorta dei flussi migratori presentati come un’invasione o l’inizio di islamizzazione della società italiana – ha detto il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti. Davanti a questo senario abbiamo deciso di andare avanti a ragionare su quello che sta succedendo rilanciando in positivo. Non lasciamoci rubare la speranza. Continuiamo in maniera tenace ad approfondire questo atteggiamento ancorato alla realtà ma illuminato dal Vangelo. Alziamo lo sguardo».
«Non state al balcone, non “balconate” la vita aspettando il fallimento, ma scendete, andate nelle periferie esistenziali», ha detto citando papa Francesco don Angelo Casati, 86 anni, sacerdote, autore di saggi e poesie,.
«Dobbiamo costruire un nuovo umanesimo», ha incitato Sandro Calvani, docente universitario a Bangkok, consigliere di importanti organismi internazionali.